I tre principali festival ungheresi fruttano quasi 400
milioni di euro. Merito anche dell'Italia che per
entrare nel business della musica deve andare
all'estero
Sziget in magiaro significa «isola». L'isola è quella di Obudai,
circondata dalle acque del Danubio, a due passi dal centro
di Budapest, dove ha luogo quello che negli anni è diventato
il festival più grande del vecchio continente. Avviato nel 1993
da un gruppo di studenti universitari, dopo 20 anni gli spettatori
sono diventati 415 mila, registrando quest'anno il tutto esaurito.
Una crescita esponenziale che si giustifica anche per il fatto che
lo Sziget negli anni si è arricchito di contenuti che vanno oltre la
musica: oggi i concerti sono sempre l’elemento fondamentale,
però il visitatore rimane presto sorpreso da quella che gli
organizzatori chiamano «l’esperienza visiva». Allo Sziget tutto
è curato nel minimo dettaglio: dalle scenografie, agli eventi, alle
performance itineranti che ogni giorno si susseguono sull’isola.
L’organizzazione è impressionante: partendo dai bagni, all’offerta
di cibo per arrivare alla sicurezza. I disagi sono minimi, anche
quando, come quest’anno ha piovuto per 3 giorni di fila.In
Ungheria, sulla scia dello Sziget, i festival si sono moltiplicati
e il Governo ha quindi deciso di investire. Quest’anno hanno
immesso nelle casse dello Sziget più di 2 milioni di euro:
«È importante supportare i festival perché i visitatori stranieri
sono i turisti del futuro» dice Eva Kurucz, portavoce del
Governo. Sempre la portavoce spiega che: «Il fatturato annuo
che se ne ricaverà [dai tre festival più importanti: Sziget,
Balaton e Volt] è pari a 320 milioni di euro, equivalenti al
12% del fatturato annuo proveniente dal turismo».
L’investimento che viene fatto...
di Giuliano Marrucci e Giovanni Merla
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