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EDITORIALE - C'è crisi. A Jesolo c'è sempre meno richiesta. Molti stanno abbandonando la località. Si è sentito affermare in maniera categorica che è impensabile la costruzione di ulteriori complessi alberghieri od extra alberghieri. L'attuale ricettività di Jesolo è più che sufficiente, perchè l'arenile non puo' ospitare oltre il numero concesso, anche per garantire un certo equilibrio alle aziende esistenti per gli anni a venire. Vorremmo, se possibile, iniziare un piccolo ragionamento su questo tema. Se non fossero sorti, tanti e tali alberghi vent'anni fa. Se non fossero sorti nè bar, nè condomini, nè negozi e coloro i quali rappresentavano allora le aziende esistenti non ne avessero permesso la costruzione, cosa sarebbe di Jesolo oggi? Ed inoltre... (segue pagine interne)

IL TERRITORIO ABBANDONATO: ...Non c'è disastro o calamità naturale infatti che possano essere relegati nella dimensione biblica della fatalità, senza chiamare in causa le responsabilità o quantomeno le corresponsabilità dell'uomo, l'uomo di governo e l'uomo della strada, il potente e il cittadino comune. Vittime, feriti e dispersi; frane, smottamenti e alluvioni; danni e rovine non sono altro che il triste risultato del combinato disposto tra la furia degli elementi e l'inerzia o l'incuria degli esseri umani. Tutto è, fuorché emergenza: cioè eventualità imprevista e imprevedibile, caso fortuito, accidente della storia... Giovanni Valentini - la Repubblica - 3 marzo 2011

lunedì 1 settembre 2014

Quando il mare s'inghiottì la spiaggia

A FONDO PAGINA IL SERVIZIO FOTOGRAFICO SULL'EROSIONE IN ZONA PINETA DEL 10 SETTEMBRE 2014

Fine gennaio del 971, d'un tratto arenile sparì. Il mare che scavava e si portava via la sabbia. Sembrava dovesse trascinarci via tutta la spiaggia, ed arrivare agli alberghi, all'ospedale, all'immenso parco dell'Istituto Marino, perfino nelle strade, nelle cantine, nelle case.

Nel ritaglio di giornale (Il Gazzettino del 3 febbraio 1971),  la foto della devastazione scattata da Tullio Granchi, lo stesso che d'estate sguinzagliava i suoi scattini (tra tutti Franco Cerbella e Giuliano Murador) per lungo l'intera via Bafile ad immortalare turisti in passeggiata, in quel grigio pomeriggio d'inverno fissò una spiaggia che spaventò tutti, forse spaventò, in quel momento, anche lui. In quell'anno il cucciolo di leone per convincere i villeggianti a farsi fotografare non aveva ancora fatto la sua apparizione, forse doveva ancora nascere mamma leonessa. Gli scattini ti chiamavano, tu li fissavi, prendevi sottobraccio la morosa o la turista tedesca, e loro: click! Poi ti davano un bigliettino colorato e numerato, con l'indirizzo del negozio "Foto Granchi", vicino a piazza Marconi.  A lato di "Pettinelli Sport", un po' piu' il là Cadamuro, il barbiere, in un negozio interrato che sapeva di lavanda, e di fronte al bar di Sotgiu, quello che poi d'inverno ci teneva tutti lì a giocare al pitocheto. Venti metri piu' in là la boutique di Ettore e Anita Jovinelli, all'angolo con via Meduse, dove ancora c'era la parrucchieria di William Castellani, la Galleria d'Arte Jesulum di Renato Colautti e Liliana Muti. Di fronte, nella piazzetta, l'Hotel Berlino dei Busanel, il cinema Delfino di Graziani che di li a qualche anno avrebbe sparato ad un suo rivale, uccidendolo. Lì vicinissimo, dopo piazza Marconi con il Centrale ed il Vittoria. Un po' più in giù la caserma della Finanza all'altezza dell' Albergo Rosa. Quell'inverno,con la sua Hasselblad, Granchi fissò un momento definitivo per il Lido di Jesolo. Era finito il dopoguerra, quando i Gobbo (Ivano, del ristorante "il Giardino" che poi anche lavorò nel cinema con Paolo Villaggio) sminavano la spiaggia. Era finita la bengodi. L'eccezionale sviluppo di Jesolo che partecipò in pieno al boom economico dal 1959 in poi. Tutto cresceva, tutto funzionava, tutto si vendeva fino, appunto, a quei giorni. Eravamo un divertimentificio. Ci trasformammo un una popolazione che guardava attonita la sua spiaggia ed implorante i suoi politici. Ci si accorse, allora, e qualche anno dopo avremmo avuto anche l'austerity, quella con le domeniche a piedi per risparmiare, di quanto tutto fosse effimero e che era indispensabile programmare, difendersi,  qualificarsi, ma soprattutto che quella splendida Jesolo, quella dei concerti di Patty Pravo e dei Camaleonti, quella del Muretto di Vasco Bettin, quella, precedente, dei balli alla terrazza del Bagni e Miramare, quella del Lido dei Lombardi, del Kursaal, stava per, inevitabilmente, cambiare. E' a questa foto che dobbiamo i pontili di oggi, quelli che, visti dall'alto, sembrano un pettine sdentato. Stanno ancora lì, di monito alle decisioni prese forse tardi e forse maluccio. Dovevan essere provvisori ed invece ancora pettinano la battigia. Quarantatrè anni dopo,quasi nove lustri di amministratori comunali, assessori provinciali e regionali, presidenti di associazioni di commercianti e di albergatori, i pennelli a mare, indefessi, fanno bella mostra di se, senza che nessuno sia riuscito ad arrivare a soluzioni diverse od alternative. Quanche interventino, lì, qualche altro là alla Ezio Greggio in Transilvania con il suo "Ulula, ululà, ululì). Il Caravelle con davanti  un bel muretto dighetta a fermare le onde e poi altro, ma nulla che appartenesse ad un progetto definitivo.
   La mareggiata fu devastante. Nel tratto di spiaggia che va dall'Hotel Tritone all'Istituto Marino esibì tutta la sua potenza. Mai tanta tristezza, neppure quando pezzi di Vajont, con frigoriferi e materassi e mobilia e qualche carcassa di animale vedevamo galleggiare sul Piave, sulla foce e di fronte alla nostra spiaggia. Neanche e  petoette ci avremmo mai più trovato, sulla nostra spiaggia, anche, se, in quegli anni, l' arenile era già stato definitivamente bonificato. Niente più dune, solo spiaggia ed ombrelloni in file giudiziose, come nemmeno i romagnoli hanno mai saputo fare.
   Secondo l'ingegner Schiavuta, incaricato dal Magistrato alle Acque nei primi anni '60, la soluzione sarebbe stata una diga foranea a 250 metri in parallelo dalla riva, con passeggiata a mare, e con studiate aperture atte a non interrompere il naturale gioco delle acque e delle correnti. La Diga, collegata a riva con dei ponti, avrebbe impedito l'asporto della sabbia, causato dalle maree e non dalle mareggiate. La soluzione fu giudicata non bella. Poi si giunse alla soluzione provvisoria dei pannelli a mare, che belli non sono, ma ancora stanno lì. Nel frattempo nessun progetto organico, se non quello della Città della Musica...

Gabriele Colautti

Riportiamo l'articolo fotografato nel ritaglio del Gazzettino sopra pubblicato:

Occorre difendere la spiaggia dal mare.  
La mareggiata che l'altra settimana ha colpito la spiaggia del Lido di Jesolo,
nel tratto compreso tra l'Istituto Marino e l'hotel Tritone, costringe gli amministratori
ed i rappresentanti dei vari enti a dover rispondere in questi giorni in considerazione
di un problema diventato di scottante attualità data l'ormai prossima apertura della
stagione estiva: la difesa dell'arenile. Il problema, purtroppo non è di oggi. Lo dimostra
il fatto che ai suoi tempi la Serenissima costituì il Magistrato alle Acque, il quale doveva
impedire che il regime delle correnti, delle maree e dei venti, aggiunto all'artificiosa e spesso 
inconsulta opera dell'uomo, portassero a conseguenze deleterie.
E non è scaduto ancora oggi. 
L'arenile di Jesolo è minacciato da correnti, mareggiate ne maree che di anno in anno
lo riducono. Nella zona di piazza Milana il mare è addirittura arrivato a cancellare del tutto 
la spiaggia e gli alberghi sonbo difesi da dighe che hanno contribuito ad abbruttire il 
panorama, con conseguenze facilmente immaginabili.
Quali sono le cause? C'è chi accusa le centrali elettriche che a monte imbrigliano l'energia 
dei fiumi, chi l'uscita del Piave a Cortellazzo, chi un movimento di bradisismo positivo che 
coinvolge la quasi totalità delle coste italiane e c'è anche chi accusa l'indiscriminata 
costruzione permessa dall'assenza di un razionale piano regolatore nei primi anni dello 
sviluppo del lido di Jesolo.
I provvedimenti presi dal 1967, quando quel problema esplose, ad oggi, non si sono 
quindi dimostrati in grado di risolvere definitivamente la questione. 
Il molo della larghezza di circa cinque metri, costruito sulla linea della battigia e rilevato su 
di essa, al tempo della costruzione, di circa 50 centimetri dalla parte del mare e i "pennelli"
costruiti per oltre quattro chilometri nella zona del faro non appaiono dei toccasana.
Ma è stato fatto un approfondito studio tecnico preventivo, è giusta una manomissione 
della spiaggia, c'erano altre alternative, è stato considerato abbastanza il dato fondamentale
del turismo, su cui Jesolo regge?
Nove o dieci anni fa, l'ingegner Schiavuta, incaricato dal Magistrato alle Acque, propose la 
costruzione di una diga foranea a circa 250 metri dalla spiaggia e parallela ad essa., interrotta 
da studiate aperture atte a non impedire il naturale giuoco delle acque e collegata alla riva 
da ponti.
Tale diga, impedendo l'asporto della sabbia dovuto alle maree (e non dalle mareggiate) dava
altresì i vantaggi di uno specchio d'acqua accessibile alla quasi totalità dei bagnanti 
(non bisogna dimenticare che Jesolo è stazione turistica di massa, la possibilità di attracco 
per piccole  imbarcazioni, maggiori attrattive di pesca e, ciò che il Lido di jesolo non possiede, una vera passeggiata a mare. 
L'opera avrebbe impegnato una spesa notevole (due miliardi), ma sarebbe stata valevole e
definitiva. E' inutile lasciarsi abbagliare da una spesa modesta: chi meno spende, più spende, ed è ora quindi che sia prospettata, valutata e realizzata un'opera che offra garanzie di definitività.


Nella mappa, il tratto di arenile (meno di un chilometro) che più soffrì la mareggiata




Aggiornamento dell 11 settembre 2014

Arriviamo poi ai giorni nostri
Pubblichiamo un reportage fotografico di Occhio Jesolano. E' di ieri, 10 settembre 2014, in Pineta.
Le crude immagini ci insegnano che nulla è cambiato dall'ultima settimana di quel gennaio del '71 e che forse scelte diverse andavano fatte.




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