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EDITORIALE - C'è crisi. A Jesolo c'è sempre meno richiesta. Molti stanno abbandonando la località. Si è sentito affermare in maniera categorica che è impensabile la costruzione di ulteriori complessi alberghieri od extra alberghieri. L'attuale ricettività di Jesolo è più che sufficiente, perchè l'arenile non puo' ospitare oltre il numero concesso, anche per garantire un certo equilibrio alle aziende esistenti per gli anni a venire. Vorremmo, se possibile, iniziare un piccolo ragionamento su questo tema. Se non fossero sorti, tanti e tali alberghi vent'anni fa. Se non fossero sorti nè bar, nè condomini, nè negozi e coloro i quali rappresentavano allora le aziende esistenti non ne avessero permesso la costruzione, cosa sarebbe di Jesolo oggi? Ed inoltre... (segue pagine interne)

IL TERRITORIO ABBANDONATO: ...Non c'è disastro o calamità naturale infatti che possano essere relegati nella dimensione biblica della fatalità, senza chiamare in causa le responsabilità o quantomeno le corresponsabilità dell'uomo, l'uomo di governo e l'uomo della strada, il potente e il cittadino comune. Vittime, feriti e dispersi; frane, smottamenti e alluvioni; danni e rovine non sono altro che il triste risultato del combinato disposto tra la furia degli elementi e l'inerzia o l'incuria degli esseri umani. Tutto è, fuorché emergenza: cioè eventualità imprevista e imprevedibile, caso fortuito, accidente della storia... Giovanni Valentini - la Repubblica - 3 marzo 2011

lunedì 1 settembre 2014

Casinò di Venezia, venti milioni di passivo patrimoniale

Il dato emerge dall'analisi del commissario Carlo Cottarelli che ha analizzato i bilanci di tutte le società partecipate. Il dg di Ca' Vendramin Vittorio Ravà: "Negli anni la società ha versato cifre enormi al comune"


“Tanto vince sempre il banco”. Insomma, mica sempre. A Venezia ad esempio pare che non vada così. Almeno secondo i conteggi fatti dal commissario governativo Carlo Cottarelli che ha piazzato sotto la lente della spending review tutte le partecipate italiane con un risultato che “regala” ancora una volta a Venezia la maglia nera dei conti. Il Casinò veneziano, con la sede di Ca’ Vendramin Calergi che fa capolino in Canal Grande e la sede meno glamour di Ca’ Noghera sono in cima alla lista (nel dato 2012) delle 1423 società partecipate con conti in rosso. Già in Italia 1 su 4 non va (o meglio non andava, perché i bilanci sono 2012 ndr). Ma il Casinò, o meglio la Cmvdi Venezia sale sul podio con 20,3 milioni di passivo patrimoniale, seguito dall’azienda della Fiera romana (con 15 milioni di passivo) e i trasporti romani Cotral (sempre 15)
Certo, in questi anni, la crisi si è fatta sentire anche nelle case da gioco che hanno registrato accessi e valori di incassi in discesa in tutta Italia, ma a Venezia la spirale si è chiusa più velocemente. Perché? A fare alcune precisazioni è lo stesso direttore generale Vittorio Ravà: “Ci sono da chiarire due cose – ha detto – la prima è che il dato citato da Cottarelli è il patrimonio netto consolidato del gruppo che era effettivamente negativo che è ben diverso da un passivo di bilancio. A segnare in modo pesante il dato patrimoniale c’era la plusvalenza di 20 milioni legata al conferimento del marchio ad una controllata. In secondo luogo va precisato che in dieci anni il Casinò di Venezia ha versato cifre enormi nelle casse del Comune di Venezia. Fino al 2011 si è trattato di un valore fisso predeterminato, dal 2012 invece versiamo il 25% dell’incasso”.
Ma quali sono queste cifre? Sono stati 28 milioni nel 2012, 27 nel 2013 e a breve ne verranno versati 26 nel 2014. Dal 2006 al 2009 l’azienda, che allora era la migliore sul mercato italiano, ha dovuto versare al Comune 410 milioni di euro (107 milioni i primi tre anni, una novantina il quarto). “Non esagero dicendo che la colpa della “maglia nera” – dice Ravà – è certamente di questo secondo aspetto”. Non solo. Nello sdoppiamento societario (del 2012 ndr) che ha visto la nascita della Casinò municipale venezia spa e della Cmv Gioco entrambe le società a fine anno hanno chiuso il bilancio in utile. La prima di 2,2 milioni e la seconda di 147 mila euro anche se da gennaio a settembre la Casinò municipale di Venezia spa avrebbe versato 21,2 milioni al Comune e nel resto dell’anno la Cmv gioco 7,3 milioni. “Il consolidato di gruppo ha chiuso però in passivo di 4 milioni – spiega Ravà – questo per colpa della svalutazione per 4,9 milioni di una partecipazione (la società Casinò di Malta ndr)” spiega Ravà.
Negli ultimi mesi, intanto, dopo che la Giunta Orsoni aveva lanciato un’asta per l’affidamento della concessione del servizio di gestione rimasta deserta, a Venezia al Casinò si è guardato molto spesso. Per gli scioperi dei dipendenti per i «tagli» agli stipendi. Ma anche, soprattutto nelle ultime settimane, per le novità che si profilano all’orizzonte. Da una parte infatti proprio nei giorni scorsi si è fatta sentire una cordata di imprenditori veneziani annunciando di essere pronta a fare un’offerta. Si tratta di piccoli e medi imprenditori della terraferma che operano nei settori del turismo e del commercio (la proposta è di un’apertura alla partecipazione di privati al 49%). Dall’altra perché il commissario straordinario di Venezia Vittorio Zappalorto che ha preso la guida del Comune dopo le dimissioni del sindaco Giorgio Orsoni che aveva iniziato a studiare una manovra da 4 milioni 25 mila euro di interventi sul personale, per non perdere la casa da gioco è tornato sull’argomento con una lettera aperta ai dipendenti comunali. Finora aveva parlato di riduzioni di una trentina di quadri (sui 230 attuali) e di tagli del 70% sulla retribuzione di risultato dei dipendenti. Nelle ultime ore, invece, nella lettera diffusa lunedì il commissario è tornato ad aprire sulla possibilità di cessione ai privati: «Non è da escludere che la gestione del Casinò a privati possa rientrare in futuro tra le possibili opzioni di questa gestione straordinaria», ha scritto.

Alice D'Este
Il Fatto Quotidiano

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