Un termine massimo all’intervento dei medici. Parte il «progetto accoglienza» con gli steward per i pazienti
VENEZIA — Partirà lunedì, nei 75 reparti di pronto soccorso del Veneto, la «rivoluzione dell’accoglienza», come l’ha battezzata il governatore Luca Zaia. Si tratta di un progetto da 2 milioni di euro messo a punto dalla Regione per migliorare l’attesa dei pazienti, in particolare quelli a cui viene affibbiato il «codice bianco», timbro che se da un lato solleva dall’ansia (corrisponde a cure non urgenti, il malato avrebbe potuto tranquillamente rivolgersi al suo medico), dall’altro segna in molti casi l’ingresso in un labirinto dal quale si esce a fatica, dopo ore ed ore di estenuanti: «Scusi, quando tocca a me?», superati a destra e a sinistra da nuove (vere) emergenze. Proprio sul fronte dei tempi si aggiunge un’ulteriore novità e cioè la delibera di indirizzo che indica ai primari di pronto soccorso, come termine massimo per i «codici bianchi», quattro ore, arco entro il quale il paziente deve essere ricevuto, diagnosticato, curato e rispedito a casa.
«L’obiettivo, in realtà, è di chiudere entro un’ora il 90% dei “codici bianchi” – spiega Zaia – ma ci si siamo tenuti larghi perché ci possono essere anche casi più complicati». Aggiunge il responsabile del Suem 118 Paolo Rosi: «Detto che già oggi i tempi medi d’attesa nei reparti del Veneto sono tra i più bassi
d’Europa insieme alla Germania, l’evoluzione del progetto sarà monitorata da un osservatorio regionale che ci dirà se e dove intervenire con correzioni tanto nell’organizzazione quanto negli organici». Nessuna sanzione, insomma, se il tetto delle quattro ore non sarà rispettato: «Diciamo che tutto è improntato ad un modello di collaborazione solidale» sorride il governatore. Il segretario generale della Sanità Domenico Mantoan ha già incontrato i primari e avverte: «Il progetto accoglienza impone una complessa riorganizzazione non solo dei pronto soccorso ma di tutti i reparti ospedalieri, ad esempio ortopedia, pediatria, urologia, che si dovranno piegare alle esigenze di razionalizzazione dell’attesa. Servirà poi un vero e proprio investimento culturale sul personale extra medico, dai tecnici di radiologia alle ostetriche, passando per gli infermieri» la cui dotazione minima, peraltro, dal primo gennaio 2016 diventerà standard di accreditamento sia per le strutture pubbliche che per le cliniche private (il requisito sarà decisivo per ottenere dall’Ue i rimborsi per le cure prestate ai pazienti in arrivo dall’estero).
«Gli obiettivi di questa iniziativa sono essenzialmente tre – spiega Zaia -. Uno: abbattere le liste d’attesa. Due: evitare di svilire le cure, che sono sempre al top, con accettazioni e attese non all’altezza dei nostri standard di qualità. Tre: realizzare un triage davvero efficace, che indichi ai pazienti i reparti più appropriati, penso a pediatria o ginecologia, evitando ingorghi in pronto soccorso». Un ruolo decisivo in tal senso sarà affidato agli steward che già hanno fatto capolino in alcuni ospedali, come Conegliano, dove nelle ultime settimane è stata avviata senza clamore la sperimentazione. Al grido «i medici devono restare negli ambulatori» la Regione ha già formato per questo ruolo 380 persone, avviando corsi per altre 60 e preparandosi per metà settembre a mettere in pista anche i neo laureati («La loro gavetta deve iniziare dalla sala d’attesa» sentenzia Zaia), lasciando le porte aperte ad eventuali associazioni di volontariato che volessero unirsi. Ci saranno anche alcuni piccoli interventi infrastrutturali, per rendere più accoglienti i locali: dalla tivù ai giornali, dai distributori d’acqua gratuita alle prese per ricaricare smartphone e tablet, fino al wi-fi laddove sarà possibile.
«Il paziente è il protagonista ma va data attenzione anche a chi lo accompagna, che spesso è la persona che più facilmente dà in escandescenze se i tempi si allungano – continua il governatore -. Pensate agli aerei: i passeggeri stanno seduti, pensano a tutto le hostess. Così sarà in pronto soccorso, gli steward dovranno essere sempre a disposizione. Faremo delle ispezioni, voglio vedere la gente sorridente e se non sarà così (testuale, ndr.) spacco tutto». Alla soddisfazione generale dei vertici di Palazzo Balbi (vedremo alla prova dei fatti se sarà altrettanta in corsia), si aggiunge quella dell’assessore alla Sanità Luca Coletto: «E’ il primo progetto di questo tipo in Italia e conferma una volta di più l’eccellenza del sistema sanitario del Veneto. Un ultimo dato da non trascurare: miglioriamo l’efficienza del servizio senza mettere le mani nelle tasche dei cittadini. Non ci sono nuove tasse e restiamo l’unica Regione d’Italia senza addizionale Irpef ».
30 agosto 2014 Corriere del Veneto
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