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Il leone, simbolo del Festival di Venezia
(Credits: CHRISTOPHE SIMON/AFP/Getty Images) |
Le carte sono sul tavolo. La rosa dei film e dei registi che
parteciperanno alla 71esima Mostra Internazionale d’Arte
Cinematografica di Venezia è svelata. Ad aprire le proiezioni,
il 27 Agosto, sarà Birdman (o The Unexpected Virtue of
Ignorance) di Alejandro Iñárritu, con un curriculum
da 12 nomination all’Oscar (per i film precedenti) e un cast
(quello attuale) di assoluto richiamo (Michael Keaton, Edward
Norton, Emma Stone, Naomi Watts). Spiccano tra i registi
nomi di peso come Andrei Konchalovsky, Amos Gitai,
Peter Bogdanovich, ma anche Shinya Tsukamosto, David
Gordon Green, Abel Ferrara e Roy Andersson, che di solito
siamo abituati a vedere a Cannes. Per il secondo anno
consecutivo in gara c’è inoltre un atteso documentario,
The Look of Silence, di Joshua Oppenheimer, fuori
concorso Slavatores e Lars Von Tryer. Ora che la macchina
è stata innescata, mentre si lavora febbrilmente ai palinsesti
e a oliare gli ingranaggi perché tutto funzioni al meglio, il
tormentone parallelo è in fieri. Ecco i temi caldi:
La prima domanda scontata. Un po’ come i mondiali di
calcio, il festival del cinema di Venezia produce sempre un
certo nazionalismo, che si traduce nella domanda: e i
ilm italiani? Il direttore Alberto Barbera ha raccontato
di averne passati al setaccio parecchi, di questi 3 sono in
lizza per il Leone D’Oro e si faranno notare. Si tratta de
Il Giovane Favoloso di Mario Martone, con Elio
Germano nei panni di Leopardi; Anime Nere di Francesco
Munzi, girato (in dialetto calabrese) in un paesino dell’
Aspromonte; Hungry Hearts di Saverio Costanzo
che invece è stato girato a New York, con un budget contenuto,
interpretato da Alba Rohrwacher e Adam Driver, ora impegnato
nelle riprese del quarto episodio di Star Wars con George Lucas.
“Non sono certo i film che sbancheranno il botteghino” –
ha spiegato Baratta – “ma i festival rimangono uno dei pochi luoghi
in cui la logica soffocante del profitto non costituisce l’elemento
dominante”.
La seconda domanda scontata. Ci saranno le grandi star? A
metterne in dubbio la presenza è la concomitanza temporale con
il ben più accentrante Festival del Cinema di Toronto, ma di
nuovo Baratta conferma che lo struscio di divi di spicco è
assicurato: Al Pacino, Michael Kiton, Willem Dafoe, Ethan Hawke,
Bill Murray, Edward Norton, e le attrici, naturalmente, a
cominciare dalle francesi Catherine Deneuve, Chiara Mastroianni,
Charlotte Gainsbourg, ma anche le hollywoodiane Emma Stone e
Naomi Watts.
Non è festival senza la madrina. Se l’anno scorso è stata
una bionda,
Eva Riccobono, ad aprire e chiudere il Festival,
quest’anno sarà una bruna mediterranea. Luisa Ranieri è
un’attrice di cinema e di teatro, con frequenti incursioni in
fiction televisive. Debutta nel 2001 con Leonardo Pieraccioni
nel film Il Principe e il Pirata. Fa il suo ingresso nel cinema
d’autore tre anni più tardi con Il Filo Pericoloso delle Cose,
episodio del film Eros di Michelangelo Antonioni (presentato
alla 61esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia).
La stanza dei bottoni. Tra i responsabili del verdetto finale
ci sarà anche Carlo Verdone, assieme a Tim Roth, Sandy Powell,
Joan Chen, Philip Gröning, Jessica Hausner, Jhumpa Lahiri, ed
Elia Suleiman. A capo del panel di giurati: Alexandre
Desplat, pluripremiato compositore di musiche per il cinema.
Tra i maggiori successi, le saghe di Twilight e Harry Potter,
ma anche i film di Wes Anderson.
Tra il qui della crisi e l’altrove della letteratura. Se è vero
che il cinema riflette lo spirito del tempo, è da constatare lo stato
di crisi che i film raccontano, molti di questi hanno per tema la
guerra (Good Kill di Andrew Niccol con Ethan Hawke e The Cut
di Faith Akin, sul genocidio degli armeni). Ma c’è soprattutto
tanta letteratura: l’atteso Pasolini di Abel Ferrara (con Dafoe,
Riccardo Scamarcio e Valerio Mastrandrea), il Leopardi di Martone,
The Humbling di Berry Levinson, tratto dal romanzo di Philip Roth,
con Al Pacino, The Sound and The Fury di James Franco tratto da
William Faulkner. Annunciata anche la presenza della politica
nei film italiani (tra questi La Trattativa di Sabina Guzzanti).
Per dirla con Alberto Baratta: “un altro cinema possibile”.
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