Inserzione testata

Colonna editoriale

EDITORIALE - C'è crisi. A Jesolo c'è sempre meno richiesta. Molti stanno abbandonando la località. Si è sentito affermare in maniera categorica che è impensabile la costruzione di ulteriori complessi alberghieri od extra alberghieri. L'attuale ricettività di Jesolo è più che sufficiente, perchè l'arenile non puo' ospitare oltre il numero concesso, anche per garantire un certo equilibrio alle aziende esistenti per gli anni a venire. Vorremmo, se possibile, iniziare un piccolo ragionamento su questo tema. Se non fossero sorti, tanti e tali alberghi vent'anni fa. Se non fossero sorti nè bar, nè condomini, nè negozi e coloro i quali rappresentavano allora le aziende esistenti non ne avessero permesso la costruzione, cosa sarebbe di Jesolo oggi? Ed inoltre... (segue pagine interne)

IL TERRITORIO ABBANDONATO: ...Non c'è disastro o calamità naturale infatti che possano essere relegati nella dimensione biblica della fatalità, senza chiamare in causa le responsabilità o quantomeno le corresponsabilità dell'uomo, l'uomo di governo e l'uomo della strada, il potente e il cittadino comune. Vittime, feriti e dispersi; frane, smottamenti e alluvioni; danni e rovine non sono altro che il triste risultato del combinato disposto tra la furia degli elementi e l'inerzia o l'incuria degli esseri umani. Tutto è, fuorché emergenza: cioè eventualità imprevista e imprevedibile, caso fortuito, accidente della storia... Giovanni Valentini - la Repubblica - 3 marzo 2011

sabato 4 ottobre 2014

Opera e turismo, il brand Italia soffre

    Inizia col botto la campagna di promozione turistica per il 2015. Gli esperti della comunicazione hanno trovato il modo per sfasciare finalmente il "brand Italy": "di questo avvenimento si parlerà per mille anni". E' iniziata, scientificamente, l'opera di demolizione dell'immagine del bel Paese. Il licenziamento collettivo di orchestra e coro dell'Opera di Roma è un segno di disfacimento al pari dei crolli di Pompei, allo stesso livello
Teatro dell'Opera di Roma
della trascuratezza dei territori che rivendicano i loro diritti con frane, smottamenti, allagamenti, alluvioni, esondazioni. Siamo capaci di progettare un'Expo ed un Mose che ci qualificano in modo indegno. L'immagine Italia si sta sbriciolando. Perdiamo quote nel mercato turistico per mancanza di visione, per mancanza di competenze, ma soprattutto per mancanza di coraggio ed ignoranza.
   Dario Franceschini approva: "E' un passaggio doloroso ma necessario per salvare l'Opera di Roma e ripartire". Stop and go, così si incrementa il valore aggiuntodella nazione. Da decenni ci sentiamo dire che non abbiamo carbone nè petrolio, ma il tesoro più grande: il paesaggio, la cultura, le città d'arte, i luoghi antichi, il sole, il mare.  Troppa grazia, sant'Antonio, non ce la meritiamo, ma a dir la verità, non meritiamo neppure gente che amministra alla cazzo di cane l'immenso capitale ambientale, storico e culturale di cui sarebbe responsabile.
   I licenziamenti decisi dal Cda dell'Opera di Roma rientrano in un piano strutturale per il consolidamento dei teatri delle città italiane o, forse,  solo sono un modo per dimostrarci e dimostrare non solo all'opinione pubblica mondiale, ma anche ai più importanti tour operator che non siamo all'altezza di gestire le nostre risorse. Una prima conclusione è chiara: la città di Roma, l'Eterna,  non puo' permettersi un teatro dell'Opera luccicante, splendente, allegro. Si invocano i passivi di bilancio, fingendo di ignorare che l'immagine va mantenuta ai livelli altissimi che le competono. Per un discorso prettamente finanziario allora dovremmo affidarci solamente ai concerti di Vasco o del Jova, ma si capisce bene che questo non potrà mai essere. Un Paese dev'essere in grado, ed ecco che i sacrifici potrebbero anche avere un senso, di mantenere le sue eccellenze per far sì che il livello di richiamo rimanga altissimo per i viaggiatori di tutto il mondo. Investire nella cultura, investire negli eventi, investire nella manutenzione delle nostre ricchezze sarebbe il modo migliore per valorizzare le nostre strutture ricettive.
   Gli imprenditori investono, rinnovano, abbelliscono, perfezionano le loro strutture di anno in anno, ma le infrastrutture che appartengono al pubblico sono abbandonate a se stesse. Assistiamo al tentativo di fermare l'acqua davanti a Venezia, ma nella terraferma ed in tutto il nordest le strade ed in generale i trasporti sono impresentabili. Il miracolo del Nordest è stato quello di permettere a migliaia di piccole aziende, ma anche a grandissime di livello mondiale, quali la Benetton o la Diesel, di prosperare in una regione dove non c'è trasporto su binario (provate a prendere un treno da  Oderzo, Asolo o da Montebelluna, caricarci merci e poi vedere come e quando arriva a Venezia), dove non c'è trasporto su gomma (qualcuno che ha provato sulla sua pelle la Pontebbana o la Conegliano- Bassano con camion, furgoni od anche auto deve pur testimoniare). L'Alitalia che abbandona Venezia e Verona, RyanAir che smette a Treviso.
Colosseo
   Gli hotels e gli alloggi del Triveneto difficilmente approfitteranno dell'Expo, il sistema dei trasporti non lo permette, e ne soffrirà anche tutto l'indotto e l'economia delle genti venete. Non crediamo tutti i visitatori possano alloggiare in Milano od in Lombardia, speriamo le ferrovie stiano approntando un piano serio, ma lo stesso vien da chiedersi in che modo possa un ospite di Bibione o Porto Santa Margherita o Jesolo raggiungere una stazione ferroviara per andare a Milano a godersi una giornata di Expo. 
   Un' ultimo appunto, tornando all'Opera di Roma: il pericolo è che tutti consigli di amministrazione dei teatri delle città italiane ne seguano l'esempio. Potremmo allora rinunciare ad  un bel po' di eventi culturali in nome del pareggio di bilancio. Salvare gli enti e distruggere l'industria turistica, forse, con grande applicazione e costanza, ce la faranno. 
   Non dobbiamo comunque preoccuparci, c'è sempre Della Valle che si è impegnato con il Colosseo (quello che sta di fronte agli appartamenti di Scajola e di Lory Del Santo), almeno salveremo quello, tutto il resto è noia.


Opera di Roma, la scure del cda 

"Via ai licenziamenti collettivi"


Nessun commento:

Posta un commento